Stefano Gentile, artista pop contemporaneo, nasce a Milano nel 1976 e dipinge dal 2013.
Artista figurativo, iniziò a dipingere dopo che, nel 2012, perse il suo lavoro da commesso in un sex shop.
Il suo approccio estetico, che richiama al Pop, parte con l’intento di intrattenere o far sorridere le persone, per esplorare ed esaminare in profondità i problemi e gli eventi che attualmente affliggono il nostro mondo che siano di carattere ecologico o sociale; la sua striscia irriverente divenne il suo stile distintivo. Temi a lui cari sono l’infanzia rubata, l’antimilitarismo, il climate change, i disastri ecologici e l’evoluzione dell’uomo, con un occhio interessato che spazia dalla nostra storia passata al prossimo futuro, filtrando il tutto con una buona dose di ironia e sarcasmo.
Opera dal 2014, quando inaugurò la sua prima personale a Roma. Tuttavia, in questo breve periodo di tempo, ha già avuto diverse mostre personali in gallerie d’arte europee e ha esposto collettivamente in tutta Italia ed Europa, compresa una collettiva al MACRO, Museo d’arte contemporanea di Roma.
Prima di dedicarsi all’arte, Stefano ha lavorato per 11 anni in un sex shop di Milano, esperienza che, paradossalmente, considera tra le più formative grazie ai personaggi variopinti coi quali è venuto a contatto, un mondo surreale ed eterogeneo che rappresenta un microcosmo celato dell’umanità.
Ha cominciato la sua carriera dopo aver perso il lavoro a causa della crisi, reinventandosi artista da autodidatta, cavalcando la sua passione per il disegno e per il mondo “geek” e miscelandoli con la sua preparazione storica/umanistica, dimostrando da subito un talento innato nel tratto.
I suoi primi soggetti appartengono tutti al mondo a lui caro dei fumetti, dei documentari e della fantascienza, utilizzandoli, tuttavia, come mezzo pop per rappresentare allegorie della società e dell’animo umano.
Col tempo, Stefano ha cominciato ad appassionarsi ai grandi artisti contemporanei, quelli che considera più radicati nella società, proprio per non tradire la sua volontà di essere, oltre che un artista, un cronista del suo tempo. Artisti come Ron English, Alex Gross, John Brosio, Ishida, Banksy, La Chapelle sono tra i suoi preferiti e formativi.
Quelli che, però, considera come suoi veri maestri non sono stati artisti, ma scrittori come Hemingway, Kafka, Steinbeck, Orwell e registi quali Orson Welles, Martin Scorsese, Woody Allen, Billy Wilder e Christopher Nolan.
Dai primi ha preso la volontà di mettere la tecnica al servizio del messaggio, Il bisogno di raccontare una storia, la capacità di operare attraverso allegorie letterarie e l’amore per le opere di denuncia. Dai secondi ha appreso come impostare il taglio, la fotografia da dare ai suoi quadri, Il saper mettere in scena una storia e una forte dose di ironia e cinismo che non manca mai nei suoi quadri e che considera il vero valore aggiunto della sua arte.
Tutto questo gli è servito per preparare la sua prima vera personale, ossia “Game Over” presso la White Noise Gallery di Roma, in cui Stefano ha messo in scena la storia a lui cara, quella del XX secolo, filtrandola attraverso il suo sguardo ludico e pop, reinventando le immagini che hanno caratterizzato il secolo scorso, dalla caduta del muro di Berlino, a piazza Tiennammen, passando per l’assassinio Kennedy e la tragedia della Shoa, decostruendole e donandogli nuovo significato. In un’era in cui il bombardamento delle immagini e la ricerca ossessiva di foto simboliche ha creato una sorta di assuefazione al dolore, lui è riuscito sia a ridare dignità a quella sofferenza con alcuni pezzi particolarmente toccanti, sia a decostruire, con sapiente ironia, certe icone del passato.
In un’era in cui il bombardamento delle immagini e la ricerca ossessiva di foto simboliche ha creato una sorta di assuefazione al dolore, lui è riuscito sia a ridare dignità a quella sofferenza
Tra le ultime iniziative a cui ha preso parte, si segnalano la personale a Riga, ospite dell’ambasciata italiana in Lettonia, la collettiva Animal Farm a Madrid, per sovvenzionare due santuari dedicati agli animali salvati dagli zoo e la personale a Mosca, a cura di “Follow the art”, col patrocinio del WWF, in cui presentava una serie di “Mondi” di animali in via di estinzione.
Video credit: @Fabrizio Grasso
“A muoverlo è la necessità di generare un dubbio mostrando la realtà per quella che non è: l’orrore attraverso la delicatezza, la denuncia tramite il marketing, l’esistenzialismo con l’estetica pop. Un gioco di ossimori in cui il confine tra gli opposti in verità non esiste, smettendo di essere un gioco. Usa le pieghe delle contraddizioni sociali, le manipola fino a trasformarle in crepe nelle quali innestare il germe della consapevolezza. Rende visibile il disagio della colpa e l’incapacità della reazione, tanto nella politica quanto nei singoli individui, cellule in involuzione di un unico organismo compromesso.
Ciò che affascina nel lavoro di Stefano è la tendenza innata a pensare in modo letterario e cinematografico sempre attingendo al pop contemporaneo: Nolan, Hemingway, Kafka, Allen, sono i suoi veri maestri. Da loro ha acquisito il taglio prospettico e la narrazione asciutta ed emotiva, l’alienazione dell’uomo che tenta di salvarsi da sè stesso, ma con una feroce e sarcastica mancanza di convinzione. Tutto nel suo lavoro sembra ricercare il momento esatto in cui l’umanità ha preso la decisione sbagliata, ogni opera ne è un indizio, mai la soluzione.” (Eleonora Aloise)
“Ti fa avvicinare alla sua arte con un sorriso per poi colpirti con un pugno” (Alice Zannoni)